Blu
Per alcuni è uno dei colori
dell'estate, per altri può essere il prologo ad un piccolo incubo
quotidiano. Certo, non parlo del blu che ossessionò Van Gogh e
Tolouse-Lautrec ma di un blu più reale. Il tipo di blu che quano lo
vedi non ti colpisce subito ma poi, quando ci ripensi, finisce per
essere l'unica cosa che ricordi.
Ecco cosa accade al protagonista di
Capelli Blu prima opera
dell'esordiente Valerio Nardoni. Ambientato in una città senza nome,
simile a tante altre, questa brillante opera si districa tra fiumi e
strade popolate da gente comune. Tra discount, megastore e lenticchie
col chorizo il protagonista vive sospeso tra realtà e sogno, sempre
accompagnato dalla macchina da presa. Proprio quest'idea, sicuramente
non nuovissima ma utilizzzata con metodo e senza eccessi, eleva
questo romanzo al di sopra della media. Se la trama non colpisce per
l'eccessiva originalità, lo stile della narrazione, che oscilla tra
prima e terza persona, e la visione esterna del protagonista riescono
a rendere interessante e scorrevole quello che sarebbe potuto essere
un esperimento poco riusciuto. In quanto prima opera, infatti, il
rischio di cadere nel banale o di risultare poco chiaro era
prevedibile, quasi scontato.
Quasi.
Per
fortuna la bravura di questo giovane autore gli permette di giocare
su un terreno in cui molti sono caduti, delineando bene i personaggi,
primo tra tutti l'amico Alvaro, e giocando con le situazioni. C'è un
unica pecca, per quanto mi riguarda, in questa ottima opera, la
lunghezza della stessa. Forse per la paura di tirarla troppo per le
lunghe o per pura scelta stilistica, l'autore sceglie di chiudere la
storia senza approfondire alcuni passaggi. Da un lato questa scelta
rende l'opera unica e particolare ma dall'altro lascia un po' d'amaro
in bocca perche non permette di affezionarsi ai protagonisti.
Personalmente non amo quando succede, perchè mi sento quasi privato
del piacere di un buon finale. Non dico assolutamente che il finale
di questo libro non sia buono.
Manca solo qualcosina.
Magari qualche
pagina ancora.
Magari, Blu.
Reazione dell'autore: Ho ricevuto in questi giorni poche ma molto intelligenti recensioni. Diciamo che è la prima volta che ho la pretesa di conoscere bene l'opera di cui si parla, ed effettivamente mi viene naturale confrontarmi e giudicarle. Fra tutte, in particolare, c'è una cosa che osservo. Che il libro, proprio attraverso le sue "pecche" è stato preso per quello che è, o quanto meno ha tentato di essere: qualcosa di profondamente instabile, ma che lo stesso ti spinge ad andare avanti. Una narrazione che funziona, ma a cui sembra mancare sempre qualcosa. Così è stata la mia vita in questi ultimi anni. E credo quella di tanti. Ma il libro è il libro, devo accettare di saperne quanto chiunque altro, e forse meno. Quel qualcosa che manca... non lo so!
RispondiEliminaCredo proprio che l'instabilità sia uno dei cardini dell'opera. Secondo i cinesi, il cervello dell'uomo può essere paragonato ad un albero pieno di scimmie, che rappresentano i pensieri. Personalmente trovo che in alcuni momenti molte di queste scimmie siano non solo visibili ma riconoscibili come nostre.
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