I
wanna be loved by you, just you and nobody else but you...
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Queste
sono solo alcune delle parole che hanno contribuito alla creazione di
un mito, quello della donna che negli anni '60 era considerata il
sogno proibito di tutti gli americani e non solo. Marilyn Monroe, al
secolo Norma Jeane Baker, può essere considerata una delle prime
icone pop, rappresentata da artisti del calibro di Dalì e
Warhol. Marilyn era molto più di questo e, per comprenderlo è
sufficiente osservare gli ultimi scatti fatti da Bert Stern alla
bionda più famosa del secolo scorso.
Secondo
alcune credenze, in una fotografia è racchiusa l'anima del soggetto,
che viene intrappolata nella celluloide per una strana alchimia e
osservando alcune di queste foto non si può che concordare. Il set
in questione, composto da più di duemila foto e che durò
complessivamente tre giorni, fu commissionato dalla rivista Vogue,
che ne scelse solo otto scatti permettendo agli altri, ritenuti
troppo osés e censurati per anni, di entrare nella storia. È
affascinante leggere i ricordi di Bert Stern in merito a
quell'esperienza unica avvenuta a sole sei settimane dalla prematura
morte della diva. Stern ci restituisce un'immagine della bella
Marilyn giocosa, trasgressiva ma soprattutto umana. Sdraiata in una
camera d'albergo, circondata da bottiglie di champagne e vodka,
Marilyn si abbandonò all'obiettivo del fotografo mostrando tutta se
stessa, quasi completamente struccata e vulnerabile. Vulnerabilità
che traspare in quasi tutti gl scatti. Non è la Marilyn che posò
per Playboy e neanche quella che raccontava dell'amicizia tra le
ragazze e diamanti. È una donna che
si confida con l'obiettivo, senza troppe remore, e che ad esso affida i suoi sguardi più malinconici. Non è questo il luogo per parlare della storia di una donna né delle sue sfortune così come non mi soffermerò sulla grandiosità delle immagini, molte delle quali virate ai sali di platino. Preferisco piuttosto ricordare quanto la diva
appaia vulnerabile, coperta da un drappo trasparente che, come la sua bellezza, tenta di nascondere ciò che si cela nel più profondo del suo animo. E, come da dietro un drappo trasparente, si intravede quanto fosse sola e quanto stesse gridando aiuto senza purtroppo, ricevere risposta. Nell'esposizione trovano posto due opere firmate dal fotografo e, idealmente, dalla stessa Norma. Intitolate: Crocifissione I e II, sono due scatti che non soddisfecero Marilyn e che la stessa segnò con una croce fatta con l'inchiostro rosso. Ma queste foto non sono solo questo, sono un monumento ad una donna che nel tempo è diventata il sinonimo di bellezza.
si confida con l'obiettivo, senza troppe remore, e che ad esso affida i suoi sguardi più malinconici. Non è questo il luogo per parlare della storia di una donna né delle sue sfortune così come non mi soffermerò sulla grandiosità delle immagini, molte delle quali virate ai sali di platino. Preferisco piuttosto ricordare quanto la diva
appaia vulnerabile, coperta da un drappo trasparente che, come la sua bellezza, tenta di nascondere ciò che si cela nel più profondo del suo animo. E, come da dietro un drappo trasparente, si intravede quanto fosse sola e quanto stesse gridando aiuto senza purtroppo, ricevere risposta. Nell'esposizione trovano posto due opere firmate dal fotografo e, idealmente, dalla stessa Norma. Intitolate: Crocifissione I e II, sono due scatti che non soddisfecero Marilyn e che la stessa segnò con una croce fatta con l'inchiostro rosso. Ma queste foto non sono solo questo, sono un monumento ad una donna che nel tempo è diventata il sinonimo di bellezza.
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