mercoledì 12 settembre 2012

Adesso Odessa di Moni Ovadia Viaggio surreale nella Madre di malfattori tra musica classica e jazz dell'est


Dove nasce il jazz? Se è vero che la tradizione vuole che tragga le sue origini nell colorata New Orleans, secondo alcuni autori un po' campanilisti questa musica naque, invece, nel seno di Odessa, patria di gangster, musici e poeti.



Quando si parla di Odessa, non si può fare a meno di pensare ad una scena che, da tempo è entrata a far parte della conoscenza comune. Quella di una carrozzina che cade da un'interminabile scalinata davanti allo sguardo agghiacciato di una donna appena fucilata. 


Nel corso degli anni questa immagine ha fatto sì che la città ucraina fosse ricordata per il tragico massacro avvenuto durante la ricoluzione d'ottobre ma, naturalmente, Odessa non è stata solo questo.
Sentendo la descrizione che ne dà Moni Ovadia, Odessa, almeno fino alla caduta del comunismo, risultava un grande calderone di razze, culture e tradizioni, ed era definita la Mamma dai suioi abitanti. Come ci narra l'ebreo narrante, così ama definirsi il poliedrico artista, la città in questione era un luogo in cui cultura e malavita si incrociavano per dare vita ad un milieu unico nel suo genere.


 Nella Moldavjanka, quartiere ebraico popolato da gente di malaffare e presieduto dal "Re" Benja Krik era possibile ascoltare i canti della mala abilmente mischiati a della sublime musica classica. Questo grazie ad una scuola di violino che, negli anni, ha sfornato alcuni tra i più grandi violinisti del mondo. E il saggio Moni non poteva certo esimersi dal farci conoscere uno di questi superbi artisti. Accompagnato da Pavel Vernikov, straordinario violinista odessino il cantastorie yiddish ci guida nella affolate taverne di quella che definisce la Napoli ucraina.



 Ad accompagnare l superbo violinista troviamo due musicisti che ben testimoniano la qualità delle scuole di musica dell'Europa dell'est, la bella Svetlana Makarova, moglie e violino d'accompagnamento di Vernikov e lo statuario Pavel Kachnov, pianista eccelso ed effettivamente altissimo.

Alternando canti da osteria, frammenti degli scritti di Isaak Babel', composizioni di Shostakovich e pezzi di jazz il nostro cicerone ha accompagnato il pubblico tra stradine buie e pene d'amore. Tutto, naturalmente, alternando spassosissime storielle yiddish odessine. A quanto pare, infatti, a Odessa la comunità ebraica ha sempre affronato i problemi con il sorriso sulle labbra e, soprattutto, nel cuore. E proprio attraverso il cuore di gente comune, l'entusiasta Moni riesce ad emozionare, divertire e far pensare, acuto come un saggio ed irriverente come un bambino, anche quando si rivolge direttamentre al sindaco di Torino, presente in sala, chidendogli, finalmente, di mettere la cultura ai primi posti nel suo programma.





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