Dove
nasce il jazz? Se è vero che la tradizione vuole che tragga le sue
origini nell colorata New Orleans, secondo alcuni autori un po'
campanilisti questa musica naque, invece, nel seno di Odessa, patria
di gangster, musici e poeti.
Quando
si parla di Odessa, non si può fare a meno di pensare ad una scena
che, da tempo è entrata a far parte della conoscenza comune. Quella
di una carrozzina che cade da un'interminabile scalinata davanti allo
sguardo agghiacciato di una donna appena fucilata.
Nel corso degli
anni questa immagine ha fatto sì che la città ucraina fosse
ricordata per il tragico massacro avvenuto durante la ricoluzione
d'ottobre ma, naturalmente, Odessa non è stata solo questo.
Sentendo
la descrizione che ne dà Moni Ovadia, Odessa, almeno fino alla
caduta del comunismo, risultava un grande calderone di razze, culture
e tradizioni, ed era definita la Mamma dai suioi abitanti. Come ci
narra l'ebreo narrante, così ama definirsi il poliedrico artista, la
città in questione era un luogo in cui cultura e malavita si
incrociavano per dare vita ad un milieu unico nel suo genere.
Nella
Moldavjanka,
quartiere ebraico popolato da gente di malaffare e presieduto dal
"Re" Benja Krik era possibile ascoltare i canti della mala
abilmente mischiati a della sublime musica classica. Questo grazie ad
una scuola di violino che, negli anni, ha sfornato alcuni tra i più
grandi violinisti del mondo. E il saggio Moni non poteva certo
esimersi dal farci conoscere uno di questi superbi artisti.
Accompagnato da Pavel
Vernikov, straordinario violinista odessino
il cantastorie yiddish ci guida nella affolate taverne di quella che
definisce la Napoli ucraina.
Ad accompagnare l superbo violinista
troviamo due musicisti che ben testimoniano la qualità delle scuole
di musica dell'Europa dell'est, la bella Svetlana Makarova, moglie e
violino d'accompagnamento di Vernikov e lo statuario Pavel Kachnov,
pianista eccelso ed effettivamente altissimo.
Alternando
canti da osteria, frammenti degli scritti di Isaak Babel',
composizioni di Shostakovich e pezzi di jazz il nostro cicerone ha
accompagnato il pubblico tra stradine buie e pene d'amore. Tutto,
naturalmente, alternando spassosissime storielle yiddish odessine. A
quanto pare, infatti, a Odessa la comunità ebraica ha sempre
affronato i problemi con il sorriso sulle labbra e, soprattutto, nel
cuore. E proprio attraverso il cuore di gente comune, l'entusiasta
Moni riesce ad emozionare, divertire e far pensare, acuto come un
saggio ed irriverente come un bambino, anche quando si rivolge
direttamentre al sindaco di Torino, presente in sala, chidendogli,
finalmente, di mettere la cultura ai primi posti nel suo programma.
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