Quando
si parla di Albania siamo abituati, a causa di nefasti fatti di
cronaca, apensare immediatamente ad una terra di confine che nulla
può dare se non immigrati e malavita. È quello che in genere accade
con le generalizzazioni nei confronti delle diverse nazioni: gli
svizzeri sono puntuali, i tedeschi rigorosi, i francesi odiosi (lo
sono davvero loro), e gli albanesi pericolosi.
Forse
non tutti sanno che l'Albania, insieme all'Italia, è stata una delle
prime zone abitate del continente europeo e, nei secoli, subendo
diverse dominazioni, nel corso dei secoli si è assistito ad una
differenziazione eetnico-culturale riscontrabile soprattutto in
teritori di confine. Purtroppo per una serie di motivazioni,
soprattutto politiche, ancora oggi dopo più di vent'anni dal crollo
del regime comunista si conosce poco della cultura e della storia del
Paese delle Aquile. Uno degli scopi di questo evento è proprio
quello di far conoscere, ad un pubblico vasto e eterogeneo, i tesori
della cultura albanese.
Dopo
l'enorme successo riscontrato a Roma giunge a Torino, città sempre
più aperta alla cultura sotto ogni aspetto,una mostra che, grazie a
dei pezzi straordinari, può aiutarci a comprendere meglio una
nazione tanto vicina quanto ancora sconosciuta. L'esposizione è
stata organizzata per la celebrazione del centenario
dell'indipendenza della Repubblica d'Albania e raccoglie opere che
coprono un periodo di diciotto secoli, raccolte sul territorio
albanese da importanti archeologi, tra i quali figura anche
l'emiliano Luigi Ugolini.
Con
un arco di tempo così ampio naturalmente la mostra risulta un po'
dispersiva anche perchè non completamente integrata da pannelli
integrativi ma, nel complesso, l'allestimento riesce a valorizzare i
pezzi esposti. I diciotto secoli raccontati dai reperti narrano di un
luogo in cui l'attenzione per l'arte era sicuramente altissima.
Affianco a figurini in bronzo è possibile vedere orpelli ed
ornamenti personali, alcuni conservati perfettamente, segno di quanto
fosse importante e ricca la zona del Mediterraneo corrispondente
all'odierna Albania. Affianco a questi piccoli tesori trovano posto
alcuni volti e sculture in marmo risalenti al periodo classico e una
ricca collezione di armi in bronzo comprendenti spade, asce e tre
elmi perfettamente conservati.
In
esposizione, oltre ai reperti neolitici e classici trovano spazio una
serie di dipinti del periodo post bizantino. Il pittore più
importante di questo periodo Onouphrios di Neokastro, meglio
conosciuto col nome di Onufri, guarda all'occidente con ammirazione
cercando ispirazione e consiglio. Per motivi religiosi non può
ispirarsi direttamente agli artisti a lui contemporanei quindi,
lasciando da parte i grandi maestri dell'Umanesimo prende come
esempio Giotto, le cui creazioni bene si integrano con l'arte sacra e
iconica tipica dell'arte ortodossa. Rispetto alle icone a cui siamo
abituati, quelle esposte si differenziano per un'eleganza e una
sobrietà che le avvicina davvero alle opere del maestro toscano
testimoniando, almeno artisticamente, un legame che coi secoli è
andato perduto.
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